In circa vent’anni di attività come coach di relazione, mi sono ritrovato frequentemente a far consulenza allo stesso tipo di donna che ho definito scherzosamente come “La schiava di Rasputin”. Questa definizione personifica la quantità notevole di clienti che mi hanno consultato e che dipendevano da un amore impossibile e comunque non corrisposto.
La “schiava di Rasputin” è prigioniera dei suoi sentimenti idealizzati, si lascia umiliare come una cenerentola senza speranza, sacrificando la propria identità e la propria dignità sull’altare della dipendenza affettiva. È esausta, frustrata, infelice ma non riesce a liberarsi da quell’infatuazione che la controlla totalmente. Vi è un legame sottile ma implacabile che la tiene avvinghiata a un partner che usa il suo cuore come bersaglio per il tiro al piattello.
Cerca nell’altro un’improbabile risorsa che possa colmare una voragine di solitudine e senso di abbandono. Ha una bassa autostima, guarda con invidia le amiche convinta che lei non sarà mai in grado di attrarre un uomo migliore.
Nelle sue esperienze sentimentali ripete ciclicamente gli stessi sbagli, lasciandosi trattare come uno zerbino da chi non la ama. La sua perseverante tendenza a idealizzare l’amore la rende succube di rapporti che non fanno altro che alimentare la sofferenza.
Esiste un modo per superare questa condizione? Con il coaching di relazione è possibile prendere consapevolezza delle reali dinamiche che entrano in gioco in un rapporto e acquisire la capacità di attrarre situazioni sentimentali più genuine ed equilibrate. Attraverso l’ipnosi regressiva si può risalire alle cause del deficit affettivo e del senso di abbandono neutralizzando l’influenza negativa di questi nodi emozionali nel presente.